Leggendo un interessante articolo pubblicato da Forbes, non sono riuscito a non sorridere quando ho visto che un’azienda americana ha dovuto assumere un manager il cui ruolo sarà quello di convincere i dipendenti a non dare le dimissioni.
Come ha detto brillantemente Simone Perotti, scrittore, navigatore e maestro di downshifting in un post su FB, “è come se un marito assoldasse un professionista per parlare con la moglie e convincerla a non lasciarlo, invece, naturalmente, di chiedersi perché vuole andarsene”.
Da un po’ di tempo sostengo che sono destinati a entrare in crisi gli archetipi organizzativi tradizionali, fortemente gerarchici, suddivisi in silos funzionali, ispirati da modalità “command & control” e guidati da manager vecchio stampo, che sfoggiano i propri operating profits come fossero medaglie al valore civile o militare.
Andranno in crisi perché un numero crescente di persone, che presto diventerà massa critica, è alla ricerca di uno scopo alto, di un “purpose”, di una vera appartenenza a valori non semplicemente dichiarati ma vissuti e testimoniati in primis da chi li declama.
Andranno in crisi perché un numero crescente di persone, che presto diventerà massa critica, vuole auto-determinarsi, vuole diventare il primo e unico agente causale della propria auto-realizzazione, vuole auto-gestire i propri spazi e tempi di lavoro, vuole fiducia che contraccambierà con senso di responsabilità.
Andranno in crisi semplicemente perché un numero crescente di persone, che tra poco diventerà massa critica, smetterà di aggiustare la vita intorno al lavoro, ma sceglierà come vivere e dopo, solo dopo, armonizzerà il lavoro intorno alla vita.
Sono troppo pessimista sul futuro degli attuali modelli organizzativi?